Rompo un silenzio, che data del mio ultimo post alla mano è durato ben 2 mesi, sollecitato da un bel intervento di Marco Calamari del 1 agosto in cui mi sono imbattuto grazie ad una indicazione di Marco Tamanti.
Si tratta di una riflessione che termina con un appello all'uso critico della ragione nella valutazione delle leggi e dei mezzi di informazione che oggi ce le descrivono spesso in modo approssimativo se non adirittura propagandistico.
Ci sono 3 passaggi interessanti, che mi paiono decisamente attuali e di cui mi approprio, riportandoli qua.
Il primo: "Usare i roghi per esibire potere, distrarre la popolazione dai veri problemi e soddisfarla con spettacoli gratuiti a cui portare anche i bambini, è stato nel corso dell'ultimo paio di millenni un metodo efficace.
I roghi funzionano anche adesso. Non c'è più bisogno di approntare eventi eccezionali e sprecare mucchi di legna imbevuta con olio, costosa ed inquinante. Basta convincere la gente a sedersi in silenzio e stare ad ascoltare chi urla più forte."
Il secondo: "Le norme "pasticciate", "errate", "transitorie" sono uno dei mezzi con cui lo Stato (con la "S" maiuscola) rinnega il suo dovere di tutelare il benessere ed i diritti dei suoi cittadini.
Queste norme sono il mezzo in cui lo stato (con la "s" minuscola) tenta, con ogni mezzo a sua disposizione, di mantenere ed aumentare il controllo sui cittadini, con l'obbiettivo finale di renderli sudditi.
Non è cattiveria, è una tendenza naturale, che la separazione dei poteri serve a contrastare. Ma in Italia la separazione dei poteri, la dialettica maggioranza-opposizione sono dettagli."
Il terzo: "Caro lettore, non credi che la capacità di accettare l'assurdo o l'arbitrario solo perché lo dice la tv, perché lo ripete tante volte, perché lo fa ripetere da personaggi popolari, debba comunque avere un limite?
L'uso della logica è piuttosto impopolare, d'accordo, ma tutti coloro che la applicano quotidianamente facendo la spesa perché non possono farlo anche per una proposta di legge o una riforma annunciata?"
Ora è vero che siamo ormai distanti quasi tre secoli dall'età dei lumi, tuttavia mi chiedo se sia possibile che tanta parte dei membri della nostra società sia così poco avvezza dall'uso del criticismo come metodo quando si trova a dover esprimere giudizi sulle leggi e le regole della collettività.
E' mai possibile che manchi così tanto in noi un sentimento, una cultura sociale? Come mai sappiamo essere critici solo nelle valutazioni biecamente individualistiche, ad esempio: che "ciliegie compro"?
giovedì 14 agosto 2008
La critica come metodo
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1 commento:
Ciao Roberto,
avevo letto questo tuo post un pò di tempo fa ma non avevo commentato.
Intanto un saluto.
E' interessante e vero quello che dici e provo a risponderti almeno per la tua ultima parte.
Il perche' sta nel fatto che ahimè non è poi così alta la percentuale di quelli che esercita criticità nel comprare le ciliegie e di questa piccola percentuale la maggior parte le sceglie in base al criterio del proprio portafoglio...(che magari può essere anche un criterio giusto per coloro che di soldi ne hanno pochi)...figurati a che posto sta il bene della società ed anche li poi se ci pensi bene c'e' una forma di individualismo "Facciamo star bene la società così stiamo meglio noi" mai nessuno che inculchi la cultura di quanto possa dar piacere vedere star bene un altro...boh forse mi son spinto troppo oltre...un Saluto e a presto
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